giovedì 16 luglio 2009
Il Vampiro
12:56
Bellissimo racconto, scritto nelle fredde notti del novembre 2008. Anche questo ha partecipato a un Concorso, o almeno avrebbe dovuto partecipare. Purtroppo per problemi del server la mail è arrivata in ritardo. Però c'è da dire che alla fine me l'hanno pubblicato ^^
Lo potete trovare, infatti, anche qui
e qui.
Ah, una piccola precisazione. Avete presente quel tipo nella foto? Quello, è un vero vampiro. Ora, avete presente quell'asmatico tutto brillantante della saga della Meyer? Quello, non è un vampiro. Quindi se anche minimamente pensate che io abbia preso spunto per scrivere il racconto da Twilight, vi sbagliate. Di grosso.
Music:http://www.youtube.com/watch?v=9X7WEZ8PkF0
IL VAMPIRO
Il suo desiderio era più vivo che mai.
In una fredda notte d’inverno, due giorni prima della festa dei 4 elementi, aveva ceduto. La sua mente era stata pervasa da quel desiderio immane, forte più di qualsiasi barriera. L’incanto che si era appropriato della sua volontà non le lasciava scampo e così, in quella notte apparentemente normale, era crollata. Nella sua mente non v’era altro se non l’immagine impura di quell’essere che l’aveva ammaliata nei tempi che furono, sempre di più. E i suoi occhi, il suo viso, le sue labbra. Tutto in quella figura richiamava desiderio. Allora pensò che non aveva via d’uscita e si fece avvolgere dal sentimento, tutti gli scudi che aveva cercato di ergere a sua protezione crollarono davanti a quel corpo che così tanto reclamava la smania del possedere il suo cuore e, più di ogni altra cosa, il suo sangue.
Passarono solitarie ore di rimpianti, rimorsi, deliri inimmaginabili, attimi coscienziosi che cercavano spasmodicamente la libertà di esistere, tempi lunghi in luoghi sconosciuti a un passo dalla pazzia. Lei voleva, lo bramava. Niente avrebbe fermato la sua passione silenziosa che non smise di avvinghiarla neanche nel sonno ristoratore di quelle ore d’inferno.
E fu mattino. Lei si alzò come un fantasma, leggiadra e quasi priva d’anima, senza nessuna emozione che le gravava sul cuore. Si avvicinò allo specchio. La sua immagine si riflesse quasi sfocata, ma in pochi attimi si vide un volto stanco e indifferente dai contorni nitidi. Si scostò lentamente i lunghi capelli castani in modo da scoprire il collo. Nessun segno. Se non due minuscoli fori dal bordo leggermente arrossato sulla parte sinistra. Era un avvertimento che lei avrebbe ascoltato.
“Sono pronta per incontrarti”
Seguì un pomeriggio tormentato dallo scorrere dei minuti e dal calare del sole, cosicché quando finalmente arrivò l’imbrunire, esso si portò via anche i timori di una giornata intera.
Ma nell’aria vagava una voce. Una voce che cercava una via per poter parlare ed essere ascoltata. E così fu; e così disse: “Sei davvero sicura di ciò che stai facendo? È davvero ciò che vuoi? Pensaci. È un gesto che può portarti via molto, per quanti doni tu creda possa darti. Pensaci. Perché stai per tradire il tuo Maestro.”
Quella frase, quell’ultima parola, seppe riportarle ricordi offuscati in quel tempo di delirio. Lei ricordò le promesse che aveva fatto. Si rese conto che si stava votando a un essere inumano, e che con esso avrebbe perso anche lei il poco di umanità che le era rimasta. Si rese conto di non poter lasciare che gli eventi prendessero quel corso. Ma fu quell’ultima parola, unita ad un’altra che tanto rancore e sensi di colpa portava, a ergere nuovamente le barriere di fronte alla persuasione.
Solo che non durò. Ella rimase sola nella notte, respiri gelidi la circondavano. Ricominciò così il tormento, più forte di prima. Sapeva di volerlo e si sentiva nuda davanti a quegli occhi che la osservavano in silenzio e che lei non poteva vedere. No, non poteva resistere alla tentazione, e quell’ultima parola svanì come polvere in una tempesta, cancellata per sempre.
Allora aprì la finestra e disse alla creatura che tanto bramava “Entra.”
Ma lui non venne. Nonostante l’invito, non venne e lasciò la sua preda ad attenderlo ancora e ancora.
Arrivò quindi il giorno della festa d’inverno dei quattro elementi. Fu un giorno impuro e intriso d’odio che nemmeno la calma felicità festiva seppe ridurre. Ella rimase nella sua stanza in meditazione. Non volle nessuno vicino e cacciava risoluta gli ostili viaggianti ubriachi che si affacciavano al suo cospetto. Il suo odio superava qualsiasi cosa e non lasciava spazio per nessuna premura. Ma non era rivolto al suo amore segreto. Oh no, non avrebbe mai potuto fargli questo.
Ella odiava la gente e la loro insopportabile superficialità, la frivolezza dei gesti delle persone e i loro stupidi bisogni.
“Aspetto ansiosa il crepuscolo per poterti finalmente incontrare, mio amore.”
Era sicura che questa volta non poteva davvero deluderla. Era troppo che aspettava, troppo che lo bramava.
Venne notte. Erano tre giorni esatti che lo attendeva. Stavolta indossava una vestaglia di un rosa pallido, di raso, i capelli sciolti e una flebile candela a rischiarare il buio pesto stretta fra le mani. Sola nella sua stanza, modesta dimora di numerosi sogni incompiuti, si diresse alla finestra e l’aprì. Un vento gelido la investì all’improvviso, spegnendo la candela e avvolgendola nelle candide e bianche tende, nascondendola alla vista. Non un sospiro in quell’attimo intenso. Finché l’ombra di un mantello non la rapì per sempre…
Lo potete trovare, infatti, anche qui
e qui.
Ah, una piccola precisazione. Avete presente quel tipo nella foto? Quello, è un vero vampiro. Ora, avete presente quell'asmatico tutto brillantante della saga della Meyer? Quello, non è un vampiro. Quindi se anche minimamente pensate che io abbia preso spunto per scrivere il racconto da Twilight, vi sbagliate. Di grosso.
Music:http://www.youtube.com/watch?v=9X7WEZ8PkF0
IL VAMPIRO
Il suo desiderio era più vivo che mai.
In una fredda notte d’inverno, due giorni prima della festa dei 4 elementi, aveva ceduto. La sua mente era stata pervasa da quel desiderio immane, forte più di qualsiasi barriera. L’incanto che si era appropriato della sua volontà non le lasciava scampo e così, in quella notte apparentemente normale, era crollata. Nella sua mente non v’era altro se non l’immagine impura di quell’essere che l’aveva ammaliata nei tempi che furono, sempre di più. E i suoi occhi, il suo viso, le sue labbra. Tutto in quella figura richiamava desiderio. Allora pensò che non aveva via d’uscita e si fece avvolgere dal sentimento, tutti gli scudi che aveva cercato di ergere a sua protezione crollarono davanti a quel corpo che così tanto reclamava la smania del possedere il suo cuore e, più di ogni altra cosa, il suo sangue.
Passarono solitarie ore di rimpianti, rimorsi, deliri inimmaginabili, attimi coscienziosi che cercavano spasmodicamente la libertà di esistere, tempi lunghi in luoghi sconosciuti a un passo dalla pazzia. Lei voleva, lo bramava. Niente avrebbe fermato la sua passione silenziosa che non smise di avvinghiarla neanche nel sonno ristoratore di quelle ore d’inferno.
E fu mattino. Lei si alzò come un fantasma, leggiadra e quasi priva d’anima, senza nessuna emozione che le gravava sul cuore. Si avvicinò allo specchio. La sua immagine si riflesse quasi sfocata, ma in pochi attimi si vide un volto stanco e indifferente dai contorni nitidi. Si scostò lentamente i lunghi capelli castani in modo da scoprire il collo. Nessun segno. Se non due minuscoli fori dal bordo leggermente arrossato sulla parte sinistra. Era un avvertimento che lei avrebbe ascoltato.
“Sono pronta per incontrarti”
Seguì un pomeriggio tormentato dallo scorrere dei minuti e dal calare del sole, cosicché quando finalmente arrivò l’imbrunire, esso si portò via anche i timori di una giornata intera.
Ma nell’aria vagava una voce. Una voce che cercava una via per poter parlare ed essere ascoltata. E così fu; e così disse: “Sei davvero sicura di ciò che stai facendo? È davvero ciò che vuoi? Pensaci. È un gesto che può portarti via molto, per quanti doni tu creda possa darti. Pensaci. Perché stai per tradire il tuo Maestro.”
Quella frase, quell’ultima parola, seppe riportarle ricordi offuscati in quel tempo di delirio. Lei ricordò le promesse che aveva fatto. Si rese conto che si stava votando a un essere inumano, e che con esso avrebbe perso anche lei il poco di umanità che le era rimasta. Si rese conto di non poter lasciare che gli eventi prendessero quel corso. Ma fu quell’ultima parola, unita ad un’altra che tanto rancore e sensi di colpa portava, a ergere nuovamente le barriere di fronte alla persuasione.
Solo che non durò. Ella rimase sola nella notte, respiri gelidi la circondavano. Ricominciò così il tormento, più forte di prima. Sapeva di volerlo e si sentiva nuda davanti a quegli occhi che la osservavano in silenzio e che lei non poteva vedere. No, non poteva resistere alla tentazione, e quell’ultima parola svanì come polvere in una tempesta, cancellata per sempre.
Allora aprì la finestra e disse alla creatura che tanto bramava “Entra.”
Ma lui non venne. Nonostante l’invito, non venne e lasciò la sua preda ad attenderlo ancora e ancora.
Arrivò quindi il giorno della festa d’inverno dei quattro elementi. Fu un giorno impuro e intriso d’odio che nemmeno la calma felicità festiva seppe ridurre. Ella rimase nella sua stanza in meditazione. Non volle nessuno vicino e cacciava risoluta gli ostili viaggianti ubriachi che si affacciavano al suo cospetto. Il suo odio superava qualsiasi cosa e non lasciava spazio per nessuna premura. Ma non era rivolto al suo amore segreto. Oh no, non avrebbe mai potuto fargli questo.
Ella odiava la gente e la loro insopportabile superficialità, la frivolezza dei gesti delle persone e i loro stupidi bisogni.
“Aspetto ansiosa il crepuscolo per poterti finalmente incontrare, mio amore.”
Era sicura che questa volta non poteva davvero deluderla. Era troppo che aspettava, troppo che lo bramava.
Venne notte. Erano tre giorni esatti che lo attendeva. Stavolta indossava una vestaglia di un rosa pallido, di raso, i capelli sciolti e una flebile candela a rischiarare il buio pesto stretta fra le mani. Sola nella sua stanza, modesta dimora di numerosi sogni incompiuti, si diresse alla finestra e l’aprì. Un vento gelido la investì all’improvviso, spegnendo la candela e avvolgendola nelle candide e bianche tende, nascondendola alla vista. Non un sospiro in quell’attimo intenso. Finché l’ombra di un mantello non la rapì per sempre…
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